Tiriamo le somme: i migliori del 2013

Dunque siamo in dirittura d’arrivo e prima di concludere l’anno aggiungo un post sul personale podio delle bevute nell’anno domini 2013.
Tra i bianchi il Coste di Riavolo 2008 di San Fereolo è stato l’assaggio più entusiasmante per la capacità di scostarsi dai parametri canonici introducendone di nuovi e di molto interessanti. Un bianco con i piedi a Dogliani e la testa sulla luna. (Qui il post a riguardo)
Il mio vino rosso dell’anno è il Barolo Riserva Vigna Rionda 2007 di Massolino. Nettare di una complessità spaventosa sia al naso che in bocca, un Barolo anomalo da permettere già di stapparlo così giovane, soprattutto pensandolo frutto dalla stessa Rionda da cui sono nati vini pressochè immortali. Conquista il gradino più alto del podio perchè stranamente ora è in una finestra di beva fantastica, ha il naso denso di frutti rossi maturi, di rosa canina fresca e folate di speziatura “scura” come solo la grande Serralunga può donare con radici amare, rabarbaro, pellame ed in bocca è ematico, salmastro, dai tannini evidenti e continui, che massaggiano le gengive senza mai asciugarle risultando perfettamente armonici nel quadro. Un sorso che stimola ogni dove del cavo orale e permane a lungo (impietoso il paragone con quasi tutti i 2007 langhetti, spesso surmaturi e corti in bocca). C’è un bel futuro davanti a questo Barolo e se non sarà lungo quanto quello della monumentale versione 2006, rimane la gran goduria nel berlo già da oggi.
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Massolino – Barolo Vigna Rionda Riserva 2007

Oddero – Langhe Nebbiolo 2010

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Partiamo dalla fotografia: quello che si vede in secondo piano è un sublime piatto con spezzatino di cervo e polenta, mentre al centro c’è la bottiglia di Nebbiolo titolo di questo post. Quello che l’immagine non mostra è la sala calda ed accogliente all’Osteria Italia, un indirizzo prezioso. Se siete ad Alba sono pochi minuti di macchina ampiamente ricompensati, non perdetevela.
Tornando al Langhe Nebbiolo 2010 di Oddero vien subito da esaltarne la ricchezza del bouquet che ha una trama floreale fresca, una speziatura fine e in crescendo, non esule da piccantezze e note scure di lignina. In bocca viene fuori un gran vino, seppur timido nel mostrarsi perchè giovanissimo, con una tannicità lungi dall’ammorbidirsi, dotato di nerbo e caratura capaci di affrontare gli anni che verranno con tranquillità. Acquistare ora e attendere, per bere (molto bene) nei prossimi dieci anni. Manca un ultimo dettaglio alla fotografia: il sorriso stampato sul mio faccione mentre affronto un generoso piatto di gnocchi al Castelmagno e poi il tiramisù assoluto dell’Osteria Italia. Bravi, avanti così!

Ah l’autunno! (la Barbera di Mascarello, i porcini, il vero slow food)

Ah l’autunno!
Voglia di cibi gustosi, dai sapori antichi e avvolgenti, come una coperta calda. Voglia di vini saporiti, figli della terra, diretti. Voglia di porcini e di Barbera, in una grande versione se possibile, come la 2009 di Maria Teresa Mascarello.

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Bartolo Mascarello – Barbera d’Alba Vigna San Lorenzo 2008
Un vino con tutte le sue cose al posto giusto: la freschezza varietale, i frutti rossi, la ciliegia in particolare. Viene da una mano sapiente in vigna e in cantina, l’affinamento in botte grande che ha leggermente smussato le spigolosità, avviandola in un percorso evolutivo in bottiglia, non potrà che migliorarla. L’ho trovata buonissima, in un rinnovato amore per la Barbera in zona Barolo che per me trova la sua massima espressione in botte grande. Basta non aver fretta.

San Fereolo Coste di Riavolo 2008, il bianco di Nicoletta Bocca

Raccontare il Coste di Riavolo di Nicoletta Bocca è un’impresa ardua. Un bianco langhetto atipico in tutto, sia per i vitigni che lo compongono sia per il metodo di vinificazione. Gewürztraminer e riesling da cloni d’origine alsaziana, quindi uve aromatiche e semiaromatiche. Fermentazione con macerazione delle bucce, separata per le due tipogie e a cui segue l’assemblaggio. Non il massimo della vita, almeno sulla carta. E invece l’assaggio è sorprendente.

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San Fereolo – Langhe Bianco Coste di Riavolo 2008
È un vino che parte ridotto al naso nel millesimo 2008, acquistando temperatura e ossigenandosi si pulisce ed emana sentori agrumati di litchis e soprattutto arancia. In bocca è spiazzante, corposo, dal sapore di albicocca e agrumi con viva freschezza, salinità e lunga persistenza.
Un vino mentale, non immediato. Lo assaggi la prima volta e pensi – ma che diavolo sto bevendo?! – E poi – aspetta, aspetta fammelo risentire! – infine non ne scordi il timbro, l’incisività, il non essere uguale a nessun altro, difficilmente classificabile, non omologato.
Io l’ho bevuto con del salmone affumicato e caprino, buonissimo.
Sono certo che chi lo ha incrociato e ne è rimasto in qualche modo affascinato, se l’è messo in cantina e non esita a ordinarlo quando (raramente) lo trova in carta al ristorante.
Va semplicemente approcciato a mente aperta e ben disposta per capirlo, perchè alcuni difetti sono sulla sottile linea che li separa dai pregi. E lo rendono unico.

Giovanni Almondo – Roero 2010

Domenico Almondo non sbaglia un colpo! Da grande bianchista qual è, con quell’Arneis favoloso che risponde al nome di Bricco delle Ciliegie, ha costantemente alzato l’asticella qualitativa dell’intera gamma che comprende bianchi (due versioni di Arneis e 2500 bottiglie di un Riesling spettacolare) e grandi rossi: Barbera, Nebbiolo e tre differenti Roero.
Voglio raccontarvi del Roero 2010, bevuto a cena la scorsa settimana, perchè è un vino capace di raddrizzare una giornata storta.

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Giovanni Almondo – Roero 2010
Non riesco a chiamarlo Roero base, meglio sarebbe Roero classico perchè sa di buona uva, perchè grida Nebbiolo ad ogni snasata e sorso. Ha colore rubino limpido e unghia scarica, senza virare mai al granato. Odora di frutti rossi, rosa macerata ed ha una speziatura intensa e pepata. In bocca è una marcia militare: frutti rossi, acidità, tannino, balsamicità. E voglia di berne un altro sorso. Sono così i Roero di Domenico, carichi di nerbo e speziatura soprattutto da giovani, soprattutto questo che affina 15 mesi in botte grande, golosissimo.
Costa circa 10 euro in enoteca, non c’è altro da aggiungere.

Un grande Pelaverga (davvero!)

Qualche sera fa ho bevuto un Pelaverga di quelli buoni, comparabile solo a quello di Burlotto e allo Speziale di Fratelli Alessandria in annata giusta: era il Pelaverga 2010 di Cadia, piccola azienda a conduzione familiare con sede a Roddi, due passi da Alba.

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Cadia – Pelaverga 2010
Colore rubino scarico ma senza cedimento alcuno, squillante. Gran naso, ricco di rustica florealità, petunia, geranio, e poi la vena pepata profonda, il chiodo di garofano, uniti ai frutti rossi maturi e succosi (fragola, lampone) a ricordare quasi il vin brulè. Stupendo.
In bocca un campione di saporosità, di freschezza e speziatura, un vino completo, sapientemente eseguito, del quale mi sono perdutamente innamorato. Inutile dire che è evaporato in un niente.

Del 21 Settembre di Luca Abrate

Dare nome ad un vino utilizzando una data è un bell’azzardo, uno dei tanti per Luca Abrate, viticoltore in quel di Pocapaglia (produce anche una Barbera spumante madre de dios!).
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Luca Abrate – Langhe Bianco 21 Settembre
Arneis in purezza proveniente da vigneti in Santa Vittoria d’Alba, si presenta paglierino scarico, di notevole consistenza. Il naso è agrumato, si sente la scorza di limone, il lime e una calda nota alcolica. In bocca è citrino, decisamente orientato sulla freschezza acida ma non privo di materia glicerica, chiude con ricordi di mela renetta e mela golden. Un vino tutt’altro che banale.
Necessita di adeguato accompagnamento gastronomico: dei crostacei grigliati andranno benissimo.

La Nascetta di Rivetto. Rimedi contro l’afa dell’estate più calda da quando hanno inventato i termometri (che Studio Aperto non vi dirà mai)

Fa davvero caldo, anche chi come me preferisce l’estate all’inverno certi picchi li sente; si fatica a dormire la notte e non è bello.
Se una di queste sere volete bere un bianco piemontese fresco, provate la Nascetta. Io ho bevuto poco tempo fa la 2011 di Rivetto ed era in forma smagliante, in un anno in bottiglia aveva appena imboccato la via della mineralità e delle sensazioni idrocarburiche, in crescita. Peccato fosse l’ultima.

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A inizio luglio è stata imbottigliata la 2012 e me ne è stata regalata una bottiglia che, mea culpa, ho precocemente stappato. Qui, con l’ovvia approssimazione per un vino così giovane, ho trovato un corpo importante, superiore al millesimo precedente, e decisi profumi fruttati, agrumati, tropicali. In bocca è larga, ricca, sembra un giovane Sauvignon. Mica male, comunque, col tempo si farà.
Urge un ulteriore assaggio ma anche in questo caso la bottiglia era l’ultima, sigh e soprattutto devo concretizzare l’idea di organizzare una verticale di Nascetta, per capire quanto, quando e come evolve in bottiglia.
Oggi è un giorno luminoso, caldo, giallo. Un bel giorno nonostante il sonno tremendo.

Burlotto – Langhe Nebbiolo 2010

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Burlotto – Langhe Nebbiolo 2010
Un giovane appena diventato adulto, nel pieno delle forze, col carico di fatiche e gioie dell’età in cui vive. Ha tante scelte ancora da compiere ma già la consapevolezza di chi è, di qual è la sua indole. Ha gambe forti, mente sveglia, è poco interessato alle apparenze e molto alla sostanza. Così è questo Nebbiolo 2010 di Burlotto, non un inno alla perfezione ma un vino con una sua personalità, netto nei sentori del vitigno, presente nel tannino seppur non invadente (viene da giovani vigneti in Verduno), poco avvezzo all’eleganza dei particolari. Uno di quei vini da 89/100, che forse non figureranno mai tra le eccellenze nelle classifiche che contano ma con un prezzo onesto così come il gusto. L’impatto in bocca è vigoroso, caldo, non addomesticato, diretto.
Un vino da bere, non da degustare, che necessita di un piatto sostanzioso ad accompagnarlo; dono della vera Langa, adatto ad ogni stagione, se lo sapete approcciare.